Siamo di fronte a una crisi senza precedenti per il mondo dell’editoria: in 4 mesi sono stati venduti 8 milioni di libri in meno tra saggistica e fiction con una perdita di 134 milioni di euro di fatturato e si stima che a fine anno la perdita possa aggirarsi tra 650 e 900 milioni di euro.
Durante il lockdown le librerie fisiche hanno perso l’85% del fatturato mentre le librerie online hanno registrato un forte aumento delle vendite passando dal 26,7% dello scorso anno al 47%
Del resto, l’editoria libraria è un settore fragile da un punto di vista economico. Nonostante generi un volume di affari superiore al cinema, alla musica e alla televisione, si tratta di un settore retto da precari e lavoratori a partita iva e a progetto, pagati male e con scadenze lunghissime. Dove non vi è corrispondenza tra la professionalità richiesta e la retribuzione e non esiste la cassa integrazione.
Questo significa che in una crisi epocale come quella che ci ha imposto il Covid-19, l’editoria è abbandonata a se stessa e per ripartire avrà bisogno di rinnovarsi e di ripensare la propria struttura per ripartire.
Da questo punto di vista la pandemia in corso deve essere un punto di svolta, un’occasione per fare autocritica e per innovarsi.