“Tiny Pretty Things”, la serie Netflix sul mondo della danza

Da qualche mese è disponibile su Netflix la prima stagione di Tiny Pretty Things, serie di 10 episodi tratta dall’omonimo romanzo di Sona Charaipotra e Dhonielle Clayton, ambientata nella Arche School, l’Accademia di danza di Chicago.

Trama

La serie inizia con la misteriosa caduta di Cassie (Anna Maiche), giovane talento dell’Accademia di danza classica di Chicago, la Archer School.

La ragazza entra in coma e la polizia inizia ad indagare su tutti gli allievi alla ricerca di un possibile colpevole.

Bette (interpretata da Casimere Jollette) è frustrata perché vive costantemente nell’ombra della prima ballerina, sua sorella Delia (Tory Trowbridge); Nabil (Michael Hsu Rosen) è un ballerino russo musulmano fidanzato con Cassie; Oren (Barton Cowperthwaite), ragazzo affetto da disturbi alimentari che ha una relazione segreta con il suo coinquilino Shane (Brennan Clost); June (Daniela Norman), ex coinquilina di Cassie, profondamente insicura e competitiva; Caleb (Damon J. Gillespie), un ballerino con un rapporto “sbagliato” all’interno dell’accademia.

Dopo l’incidente di Cassie arriverà Neveah (Kylie Jefferson) a rompere tutti gli equilibri: ragazza onesta e dalla forte personalità, troverà un ambiente competitivo e spietato, in cui la danza si intreccia ad amori proibiti e misteri; andrà a scontrarsi con personaggi torbidi e senza scrupoli.

Il thriller

Pensando a una serie sulla danza ci verrebbe subito in mente Fame (alias Saranno famosi): Tiny Pretty Things è quanto di più distante possa esserci. Qui i ragazzi sono tutti dei privilegiati, che esprimono la loro ribellione verso le figure genitoriali ed il loro disagio attraverso disturbi sessuali e alimentari.

La danza non è mostrata in modo positivo, non rappresenta la salvezza per questi ragazzi. Piuttosto la danza è un’imposizione da parte di qualcosa o qualcuno all’esterno. Frustrazione, confusione sessuale, ambizione, conflitti, traumi da esorcizzare.

Perché vedere Tiny Pretty Things

Per il whodunit (ovvero il giallo): non neghiamolo, una serie che inizia con un mistero da risolvere e tanti sospettati fa sempre gola. E mentre la guardiamo e cerchiamo di capire chi è coinvolto, ci addentriamo sempre di più nella vita dei protagonisti, ed inizieranno ad emergere segreti e bugie.

Per la danza: dalle prove di una coreografia agli esercizi alla sbarra, la danza è un elemento chiave della serie. Grazie agli attori-ballerini, i movimenti non sono semplicemente evocati. Il cast riesce quindi a far emergere tratti caratteriali e dinamiche anche grazie ai movimenti azzeccati del corpo, grazie a sequenze girate bene e danzate a livello professionale.

Per i richiami: sembra evidente che Tiny Pretty Things si ispiri a famosi film sulla danza. De Il ritmo del successo troviamo l’arco narrativo: la giovane ballerina che entra in una prestigiosa Accademia e per la prima volta si trova a confrontarsi con l’austerità di quel mondo.

Da The Company trae l’aspetto on-stage: le coreografie sembrano riecheggiare quelle del film di Altman

Per finire Il cigno nero: il tratto cupo ed introspettivo è un chiaro richiamo al film di Aronofsky; ritroviamo il rapporto tra Vincent Cassel e Natalie Portman nelle dinamiche della relazione insegnante/allieva di Bette e Ramon.


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