Gennaio 2021, Netflix rilascia la serie Lupin. Soggetto intrigante, ma non certo originale: Lupin, celeberrimo “ladro gentiluomo” nasce infatti dalla penna di Maurice Leblanc con una serie di racconti all’inizio del secolo scorso, per diventare poi protagonista di 4 o 5 film tra gli anni Trenta e l’inizio del 2000. Per i più giovani, tuttavia, Lupin è probabilmente l’incorreggibile Lupin III, protagonista dell’omonimo manga.
Avete fatto un tuffo nel passato, ripensando alle giacche colorate di Lupin, alle sigarette di Jigen, alla katana di Goemon, alla bella Fujiko ed a Zenigata che segue Lupin anche in capo al mondo pur di catturarlo, senza mai aver successo?
Perfetto, operazione nostalgia conclusa, ora cancellate tutto.
Il Lupin di Netflix è tutta un’altra storia.
La trama
Assane Diop ha 14 anni quando suo padre, dopo essere stato ingiustamente accusato di un furto dai propri datori di lavoro e quindi arrestato, muore in carcere.
Trascorrono 25 anni, ed Assane, che nel frattempo vive commettendo furtarelli, decide di vendicarsi della ricca famiglia, colpevole della tragedia: vuole trovare i colpevoli.
Assane vuole vendicarsi con l’astuzia, non con la violenza: non troveremo un racconto basato sulla legge del taglione.
Per vendicarsi Assane trae ispirazione dai racconti di Lupin, proprio quello raccontato da Leblanc, che da ragazzo leggeva sempre con suo padre.
Le storie di Arsenio Lupin e di Assane Diop si intrecciano e camminano in parallelo. Lupin è un ladro gentiluomo, Assane non è astioso, è il personaggio positivo in cui dovremo necessariamente riconoscerci: sarà il nostro eroe.
Una serie intelligente, costruita sui riferimenti al personaggio letterario, da cui trae ispirazione senza copiare.
Una serie di denuncia
Certamente a Leblanc non sarebbe mai venuto in mente di costruire il suo personaggio con la pelle nera. Assane è invece figlio di un immigrato senegalese in una Parigi multirazziale, dove però la diversità si sente eccome. E qui il Lupin di Netflix si inserisce nella recente quanto efficace ricerca di una rappresentazione dei contrasti e delle discriminazioni che nascono nelle banlieue, dove le questioni razziali si intrecciano inevitabilmente con i contrasti sociali e culturali, la povertà, la disoccupazione.
Ad un certo punto della narrazione Assane si trova ad interpretare un uomo ricco e raffinato, può permettersi di acquistare ad un asta un oggetto di enorme valore, eppure l’addetto alla sicurezza si rivolge a lui dicendogli “non mi aspettavo uno come lei”.
È questa la chiave che userà per studiare e compiere la sua vendetta. Assane è un invisibile. Che – guarda caso – è un po’ la caratteristica dei nuovi poveri, dei “miserabili”: essere invisibili. Mentre pianifica il colpo il nostro protagonista lo dice ai suoi complici senza troppi giri di parole: tu mi hai visto ma non mi hai guardato. E riesce nell’impresa (il trucco del prestigiatore) di trasformare la sua invisibilità nella sua forza. Assane-Lupin organizza tutti i suoi piani, semplicemente, nel non essere visto.
Una serie divertente, dinamica, costruita in modo brillante, dai ritmi serrati e dai continui colpi di scena – e si capisce dall’inizio: la serie si apre con un furto rocambolesco e doppi giochi, che ci fanno capire da subito che non dobbiamo lasciarci ingannare dalle apparenze.
Omar Sy, conosciuto ai più per la sua interpretazione in Quasi amici, ci regala un Lupin originale e accattivante.
Curiosità: l’attore ha dichiarato di aver letto i romanzi di Leblanc da bambino, ma di non esserne mai stato un grande fan: li ha riscoperti quando ha dovuti studiarli per interpretare il personaggio; per un francese interpretare Lupin è un sogno, un po’ come James Bond per un inglese.
La seconda stagione – o meglio, la seconda parte della prima stagione, uscirà in estate.