Nella legislazione italiana è previsto un ammortizzatore sociale chiamato cassa integrazione. Si tratta di una prestazione a carattere economico che viene erogata direttamente dall’INPS.
È stata istituita per integrare o sostituire le entrate di tutti quei lavoratori che si trovano in condizioni precarie dal punto di vista economico a causa di una riduzione della loro attività lavorativa, oppure della sua sospensione per vari motivi.
Quali sono le tipologie di Cassa Integrazione
Nell’ultimo anno la cassa integrazione è diventata molto importante per una quantità davvero grande di lavoratori, perché l’emergenza covid ha costretto molte imprese a ricorrere a questo ammortizzatore per affrontare i periodi di chiusura previsti dai DPCM.
Ci sono tre categorie differenti che costituiscono la cassa integrazione, relative a differenti tipologie di impresa e di motivi di interruzione dell’attività: CIGO, CIGS, CIGD.
La Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria è prevista per integrare e sostituire le entrate per i lavoratori la cui attività è stata sospesa o ridotta per eventi temporanei e non imputabili all’impresa o ai dipendenti. L’attivazione è prevista anche per casi specifici e imprevisti, includendo intemperie di stagione e situazioni transitorie di mercato.
La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, invece, sostituisce o integra le entrate per i lavoratori che sono stati sospesi o messi in regime di orario ridotto in aziende con situazioni di sofferenza produttiva. Copre anche le imprese dove ci sono processi di riorganizzazione in corso o nel caso siamo stati stipulati i cosiddetti contratti di solidarietà.
Infine la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga integra Il salario nelle imprese che non possono accedere agli strumenti ordinari, in quanto escluse originariamente da questa tutela o per esaurimento del periodo di fruizione di quella ordinaria.
La Cassa Integrazione Ordinaria
Viene corrisposta fino ad un massimo di 13 settimane continuative e si può prorogare trimestralmente fino a coprire un massimo di un anno, cioè 52 settimane. Il trattamento ordinario e quello straordinario per ognuna delle unità produttive non possono superare il massimo di 24 mesi in totale per quinquennio.
L’integrazione del salario è pari all’80% della retribuzione complessiva per il lavoratore per tutte le ore non lavorate, dalla zero al limite contrattuale. Il suo conteggio viene fatto considerando l’orario di ognuna delle settimane, indipendentemente dal periodo di paga.
La Cassa Integrazione Straordinaria
È destinata ai lavoratori subordinati, inclusi gli apprendisti. Sono invece esclusi dirigenti e lavoratori a domicilio alle dipendenze di aziende destinatarie della CIGS, con almeno 90 giorni di anzianità di lavoro effettivo al momento della presentazione della domanda.
L’integrazione salariale può essere richiesta dalle aziende nel caso in cui riduzione o sospensione delle attività lavorative siano causate da motivi appartenenti ad una lista:
- Riorganizzazione aziendale
- Contratti di solidarietà
- Crisi aziendale con l’esclusione della cessazione di attività produttiva o di un suo ramo
- Riorganizzazione aziendale
Questa può avere una durata massima di 24 mesi anche continuativi all’interno di un quinquennio. Per la crisi aziendale, il trattamento di integrazione straordinario può durare al massimo 12 mesi anche contigui. Nel caso di contratto di solidarietà invece l’ammontare massimo di mensilità è di 24 anche continuative, sempre nell’arco di 5 anni.
La cassa integrazione anche in questo caso prevede l’80% della retribuzione spettante al lavoratore, ma con limiti ben determinati. Se la retribuzione mensile è pari o inferiore a 2102,24 euro la cifra erogata è di 971,71 euro lordi, per stipendi superiori invece ne vengono erogati 1167,91 sempre lordi.
La Cassa Integrazione in Deroga
Questa può essere concessa a lavoratori subordinati e apprendisti con almeno 12 mesi di anzianità lavorativa dalla data di inizio del periodo. Viene attivata dalla regione o dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
È prevista un’indennità pari all’80% della retribuzione per le ore di servizio non prestate, ma l’ammontare non può superare le 40 settimanali.
L’importo, inoltre, non può superare un limite mensile che viene determinato ogni singolo anno in base alle specifiche del singolo caso.
Infine è cumulabile con i compensi che si possono ottenere con prestazioni di lavoro accessorio, con un massimo però di €3000 all’anno.